Il dialetto di Niscemi tra memoria e mutamento – Testimonianza di Gaetano Vicari

Giornata Nazionale del Dialetto e delle lingue localiLa Pro Loco di Niscemi aderisce all’iniziativa della “Giornata Nazionale del Dialetto e delle lingue locali” con una riflessione del prof. Gaetano Vicari che ringraziamo per il cortese e competente intervento.
Lo studio fonetico di un sistema linguistico rende paritaria l’importanza tra lingua e dialetto. Almeno in questo i due codici hanno la stessa dignità.
In tutti gli studi specifici effettuati sui due sistemi linguistici, mai nessuno studioso ha reso antitetici l’italiano e i dialetti, i quali godono i favori di tutti gli specialisti (glottologi, dialettologi, linguisti).
Il termine “dialetto” niscemese è utilizzato come riferimento a quel codice linguistico che appartiene alla comunità di Niscemi, che possiede un’originalità di nessi e una particolarità di suoni caratteristici che lo differenziano dai dialetti viciniori, anche se, specialmente con il dialetto gelese, esso ha numerosi nodi fonetici in comune e molti ingredienti lessicali dissimili.
In conformità a questo ragionamento si è lungi dall’attribuire al siciliano lo status di lingua, che è applicato a un sistema linguistico cui si riconoscono un’unità di lessico e un’ortografia consolidata e globalmente riconosciuta da tutti i parlanti. Il siciliano non rientra in questa categoria, pertanto, se si vuole utilizzare il termine lingua, s’incorre in una palese astrazione linguistica, non sussistendo i parametri entro i quali definirla.
È inequivocabile asserire che scrivere significa utilizzare una grafia consolidata per fissare pensieri e impressioni.
Infatti, si parla di ortografia quando la scrittura diventa patrimonio di tutti, dopo una lunga documentazione con testi scritti e dopo avere obbedito a norme che la regolano nel suo svolgersi.
Nonostante gli otto secoli di storia letteraria (corte di Federico II, XIII sec.) per il dialetto scritto, oggi, si può alludere solo a una retta maniera di scrivere, nel senso che ogni soluzione grafica utilizzata deve avere una spiegazione logica da parte di chi la propone.
La grafia della poesia dialettale e, anche se meno frequente, della prosa in dialetto, non si allontana da questo schema.
Il dialetto, dunque, è soprattutto uso orale ed è soggetto a modifiche formali.
La cristallizzazione dei suoni del lessico è un’operazione che si rende necessaria per monitorare e, quindi, individuare gli stadi evolutivi, o involutivi, della parlata.
Il confronto tra pronuncia passata e quella presente ci dà la misura della tendenza dei dialetti verso la lingua italiana, con un’inevitabile italianizzazione dei sistemi linguistici locali.
Accanto a questi evidenti risultati fonetici, che ci dànno un’idea generica dell’influenza dell’italiano sui dialetti, vi è stata e vi è un’indagine statistica specifica sullo stato di salute delle parole dialettali niscemesi, a distanza di poco più di vent’anni dal primo rilevamento (1990) e di dieci anni dal secondo accertamento fonetico-lessicale (2001).
I risultati recenti (2012) non si discostano in modo evidente da quelli precedenti, ma comunque contengono il germe del lento e progressivo affievolimento del dialetto.
La nuova generazione non riesce a riprodurre i suoni caratteristici del dialetto (“e” evanescente, le cacuminali t e d) che non sono più applicati alle parole che li contengono e che, di conseguenza, non sono più riprodotti correttamente dagli stessi giovani.

Allora ben vengano le iniziative per la protezione dei dialetti, come quella lodevole dell’u.n.p.l.i. (Unione Nazionale Pro Loco d’Italia).
A Niscemi sono già state previste alcune delle attività suggerite dall’unpli: pubblicazioni e raccolta di libri in e sui dialetti, testimonianze video e audio, convegni, rappresentazioni teatrali, visite al Museo della Civiltà Contadina “Angelo Marsiano”, letture pubbliche di poesia, corsi sul dialetto locale promosso dall’amministrazione comunale ecc.
L’importante è, come suggerisce autorevolmente l’Unione delle Pro Loco d’Italia, “diffondere lo spirito della giornata e di sensibilizzare le comunità sull’importanza di tutelare saperi che rischiano di sparire nel giro di pochi anni”.
E per tutelare il dialetto locale occorre lanciare un allarme e snidare un pericolo che si trova nella nostra stessa comunità: evitare che le famiglie mettano volutamente all’indice e proibiscano ai loro figli di far parlare l’idioma dei nostri padri, additandolo come il responsabile di un “antitalianismo” che non ha nessun fondamento linguistico.